venerdì 15 novembre 2013

Matita Sprout

E se invece di buttare via le matite quando diventano troppo corte, fosse possibile trasformarle in fiori, erbe o verdure? L'eco matita Sprout, sviluppata da un gruppo di studenti del MIT, è fatta di cedro e utilizza la grafite e l'argilla al posto del piombo. Una capsula contente semi è montata all'estremità di ciascun esemplare, così, una volta che diventano inutilizzabili, possono essere piantate nel terreno per dar vita a delle piante. In pratica, una volta bagnata, la capsula protettiva dissolve per esporre i semi. La matita può essere poi tenuto nel terreno e usata come un'etichetta, dal momento che porta sul lato proprio il nome del seme che contiene. I produttori sostengono che i semi dovrebbero iniziare germinazione entro una settimana. Ogni pacchetto di matetite, comunque, contiene una scheda di istruzioni per piantarle. Sono disponibili in oltre 20 varianti, tra cui semi di menta, pomodori, peperoni, basilico e rosmarino. La capsula-seme è dotata di tre semi di uno stesso fiore, erbe o vegetali, per aumentare il tasso di successo.
Ma attenzione: se si versa liquido su Sprout, o si mette in bocca, la punta inizia a dissolversi. "Purtroppo Sprout non conosce la differenza tra l'acqua accidentale e quella intenzionale, quindi, se viene bagnata, capisce che è tempo di semina. Abbiamo lavorato duramente per realizzare una capsula seme resistente, ma è difficile trovare un compromesso tra la resistenza a eventuali incidenti e la sua disspoluzione nel terreno", spiegano i produttori.
Se anche voi non potete resistere alla tentazione di avere la matita 100% sostenibile, fatto a mano con materiali naturali e "seminabile", potrete trovare i pacchi da otto matite.




Articolo de greenme.it

giovedì 14 novembre 2013

Celle solari trasparenti

Si è parlato spesso di celle solari trasparenti, utili per la produzione di energia tramite l’installazione su finestre o sugli schermi degli smartphone. Un progetto di una società francese, però, ne rivoluziona la portata: saranno presto disponibili sul mercato dei pannelli trasparenti ultra-resistenti – e praticamente impercettibili se installati sui device portatili – per smartphone dalla durata in stand-by praticamente infinita. 


Così ha dichiarato l’azienda: oggi, su uno smartphone, il consumo di energia può essere completamente compensato mentre il device non è in uso. E si può estendere la durata della batteria del 20%. 

È la francese Sun Partner ad aver ottimizzato la tecnologia delle celle solari trasparenti, con la realizzazione di un pannello dallo spessore di soli 300 micron, che può essere installato indifferentemente sopra o sotto il display del device – lamina touchscreen compresa – senza alcuna interferenza sulle funzionalità dello smartphone e la resa visiva di immagini e colori. Il costo del modulo – da 1 a 2 dollari a seconda delle configurazioni – è inoltre estremamente appetibile per le società produttrici di device portatili. Il funzionamento di questi nuovi pannelli – differenti rispetto a quelli già apparsi sul mercato per un aumento dell’efficienza dall’8 al 30% – è molto semplice. Inglobati sopra o sotto schermo e pannello touchscreen, catturano anche la quantità minima di luce e la traducono in un flusso continuo di ricarica grazie all’energia solare. In questo modo, quando il device è in stand-by la batteria non viene inutilmente scaricata, mentre quando in uso si ha una riduzione del 20% dei consumi, che si traduce in un ulteriore 50% in più di tempo per le telefonate o la navigazione. In altre parole, Sun Partner punta alla creazione di dispositivi elettronici sempre accesi e mai connessi alla rete elettrica. La società starebbe inoltre già ottimizzando il suo prodotto per passare da una riduzione dei consumi dal 20 al 50%, per un utilizzo davvero illimitato di smartphone e tablet. Quando appariranno sul mercato, tuttavia, i primi dispositivi dotati di questa tecnologia? Pare che il gruppo francese stia già collaborando con grandi big del settore, per un lancio previsto nel 2014. Stiamo attualmente lavorando con la top 10 dei produttori. 

Ci aspettiamo di stringere accordi di licenza per l’inizio del prossimo anno, con prodotti sul mercato entro il 2014. In definitiva, non resta che scommette su chi – fra Apple, il mondo Android, Blackberry e l’universo Windows Phone – taglierà per primo il traguardo.





                                                                                                                                                                                      Articolo de greenstyle.it

mercoledì 13 novembre 2013

Zeoform life

Zeoform e potrebbe essere il nuovo materiale sostenibile e riciclabile in grado di sostituire gli attuali colleghi poco ecologici. Composto da acque e dalle sole fibre di cellulosa ricavate dalla carta da macero, Zeoform potrebbe essere sfruttato in vari settori, dalla costruzione di edifici alla realizzazione di strumenti musicali e gioielli. Il materiale è chiamato Zeoform, ed è formato da fibre di cellulosa macerate con acqua utilizzando una formula brevettata. Non c'è colla, né leganti, sostanze chimiche o additivi di alcun genere, rassicura la società. Zeoform può essere stampato, pressato, spruzzato, levigato, dipinto e trasformato con differenti densità. Le diverse tecniche di stampaggio - manuale, compressione, spruzzo – danno tutte come risultato un materiale denso, durevole e dalla forma personalizzabile e versatile.Un materiale rivoluzionario a base di cellulosa ricostituita e acqua, e nient'altro. Un processo brevettato trasforma le fibre di cellulosa in una sostanza forte simile al legno in grado di essere trasformato in una gamma illimitata di prodotti. Zeoform è al 100% non tossico , biodegradabile”. L'omonima società che l'ha ideato spiega che Zeoform può essere colorato con pigmenti naturali e miscelato con vari substrati (organico, metallico, conduttivo). L'azienda si è rivolta al crowdfunding per raccogliere i fondi per creare il suo “Centro di Eccellenza”. C'è tempo fino al 10 novembre per lasciare la propria offerta. L'impianto servirà da hub per mettere insieme una varietà di risorse e conoscenze al fine di promuovere le innovazioni avviate dalla società. Se e quando sorgerà, sarà anche il primo centro di vendita al dettaglio e di vetrina di questo nuovo eco-materiale.





Articolo de greenme.it

martedì 12 novembre 2013

Apple applica l'energia solare

Apple sta vagliando la possibilità di introdurre il supporto all’energia solare nei futuri MacBook e iPhone. Non integrando, tuttavia, pannelli fotovoltaici direttamente nella scocca dei dispositivi, bensì rendendoli compatibili con soluzioni esterne. È quanto si apprende da un brevetto da poco depositato e scoperto dalla redazione di Patently Apple.Si è già visto in passato come una società francese abbia sviluppato delle celle solari trasparenti che possano essere facilmente integrate nello schermo di tablet e smartphone, senza causare alcun intoppo all’utente. 
Le indiscrezioni vogliono Apple interessata a questa tecnologia, ma nel frattempo il gruppo di Cupertino pare lavori su altri fronti. Normalmente i piccoli pannelli solari per device da taschino, come tanti se ne trovano su eBay, funzionano grazie all’integrazione di una batteria. I raggi solari caricano il dispositivo che, a sua volta, ricarica la batteria di smartphone e tablet. Questo passaggio intermedio si rende necessario per assicurare il corretto voltaggio e l’approvvigionamento costante di energia, per evitare danni ai terminali riceventi. Apple, però, vuole fare di più: vuole garantire la possibilità all’utente di scegliere il proprio pannello di preferenza, senza la necessità di doversi armare di batterie o costosi adattatori. Come? Integrando il circuito di conversione direttamente in iPhone e MacBook. 
L’utente non dovrà far altro che collegare il piccolo pannello solare in proprio possesso alle prese MagSafe o Lightning, a seconda del dispositivo in uso. Le componenti interne stabiliranno il minimo e il massimo voltaggio che si potrà assorbire, così come la continuità dell’apporto energetico. Proprio per questo motivo, l’inizio delle operazioni prevede l’abbinamento a un caricatore canonico, affinché la batteria sia sufficientemente carica per evitare spegnimenti improvvisi ed eventuali altri rischi per l’utente. Dato il brevetto, sorge naturale chiedersi per quale motivo Apple voglia ricorrere a soluzioni esterne – peraltro fabbricate da terze parti – anziché includere le celle fotovoltaiche direttamente nella scocca dei dispositivi. La ragione è autoevidente: così facendo rovinerebbe il design dei propri prodotti, un fatto che l’azienda vuole evitare a ogni costo. La registrazione odierna, che non è detto venga tradotta davvero in un prodotto reale, si inserisce in quel percorso di sostenibilità ambientale che da anni la mela morsicata cerca di perseguire. Da esempio lo fanno i datacenter statunitensi, ora completamente solari ed eolici, così come il progetto del nuovo Campus di Cupertino.





Articolo de greenstyle.it

lunedì 11 novembre 2013

GreenFreeze


Frigoriferi, condizionatori, sistemi di refrigerazione a impatto climatico zero. Per scongiurare un brusco innalzamento delle emissioni di gas effetto serra provenienti dal comparto della refrigerazione, rilanciamo la tecnologia Greenfreeze: un sistema di refrigerazione che, al posto dei più impattanti gas refrigeranti HCFC e HFC, utilizza refrigeranti naturali a bassissimo impatto ambientale.Tra i più potenti gas effetto serra, gli HCFC e HFC (idrofluorocarburi) sono stati introdotti dall'industria della refrigerazione dopo che, nel 1987, il Protocollo di Montreal stabilì il divieto d'utilizzo dei CFC (clorofluorocarburi), responsabili dell'assottigliamento della fascia d'ozono in atmosfera. Per risolvere il problema del buco dell'ozono, il comparto del freddo ha aggravato quello del riscaldamento globale. Con conseguenze allarmanti.  Si stima che se l'industria dei condizionatori continuerà a usare solo HFC, questi gas peseranno per il 27 per cento sul riscaldamento globale al 2050.

All’inizio degli anni novanta gli ambientalisti di tutto il mondo erano preoccupati dalla dispersione di calore dovuta al gigantesco buco nell’ozono. Gli scienziati avevano scoperto che alcuni gas utilizzati per i sistemi di raffreddamento dei normali frigoriferi ne erano la causa principale e avevano invitato i governi a prendere provvedimenti. Con la firma sul Protocollo di Montreal, gli stati più industrializzati si impegnarono a limitare l’impiego di gas come i clorofluorocarburi. Purtroppo però lasciarono la libertà ai produttori di scegliere la tecnologia alternativa più adatta. Il risultato fu che i gas che distruggevano l’ozono furono sostituiti con i gas serra: proprio gli stessi che, insieme alla CO2, stanno surriscaldando il pianeta. Con un balzo d’ingegno straordinario, la sezione tedesca di Greenpeace realizzò nel 1993, cioè ben prima che la teoria dell’effetto serra fosse anche solo accennata, un progetto di un frigorifero completamente innocuo dal punto di vista ambientale, che combinava solo CO2, idrocarburi e ammoniaca. Non solo: per convincere le multinazionali a investire su questa tecnologia, denominata “Greenfreeze”, Greenpeace raccolse oltre 70.000 firme di consumatori che si dichiararono pronti a sostituire il loro frigorifero con uno eco-compatibile. Da allora, tutti i più grandi produttori di apparecchi di refrigeramento convertirono una parte sempre maggiore della loro produzione, un po’ ovunque nel mondo: dalla Germania a tutta l’Europa occidentale, per arrivare alla Cina, al Sudamerica e al Giappone. In soli dieci anni, più di cento milioni di Greenfreeze furono sostituiti ai vecchi modelli in tutto il mondo. Tranne che negli Stati UnitiI produttori americani hanno fatto per anni fronte comune per impedire la diffusione della tecnologia negli States. Ma il vento sembra finalmente essere cambiato. Le prime crepe nel muro si sono viste quando multinazionali americane del calibro di Ben & Jerry’s (produttori di gelati) e Mc Donald’s hanno sostituito i refrigeratori della loro catena con quelli di nuova generazione. È di queste ultime settimane, inoltre, la stoccata che potrebbe risultare definitiva: Bosch, super-multinazionale dell’elettronica, ha infatti stipulato un patto con GreenPeace Messico e ha già messo in commercio i primi modelli di Greenfreeze del Nord America. Senza dubbio, le altre multinazionali dovranno accodarsi. Due osservazioni: la prima è che il Paese più ricco del mondo, dopo anni in cui ha percorso una strada tutta sua, dà segnali di ravvedimento. La seconda: Greenpeace, come molte altre associazioni ambientaliste, lavora per risolvere problemi che riguardano tutti noi, e con un po’ di fortuna e tanta perseveranza può persino vincere qualche battaglia prestigiosa.






Articolo de pianeta.it e greenpeace.org